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Appennino: Nasce il progetto “Mela Rosa Romana”

Scritto da il Ottobre 17, 2019

In totale sono 41 i soci fondatori che l’11 ottobre hanno “battezzato” il progetto della Mela Rosa Romana con la presentazione dell’associazione che si è tenuta a Vergato.

I soci sono ristoratori, commercianti, agricoltori, docenti, appassionati di ambiente e storia dell’Appennino.
Tutti hanno un obiettivo comune: promuovere questo frutto antico e con esso i territori che lo ospitano.

Il Presidente è Dario Mingarelli, mentre Cesare Colzi farà da segretario e Antonio Contini Carboni da tesoriere.
Tutti hanno voluto ricordare l’impegno dello scomparso Pietro Vicinelli, precursore delle iniziative per rilanciare la mela dell’Appennino.

La Mela Rosa Romana

Da tempo l’Università di Bologna, soprattutto per merito del professor Silviero Sansavini, sta evidenziando con studi e ricerche le straordinarie proprietà di questo frutto tipico della collina e della montagna bolognese, coltivato da secoli.
Il nome della mela è legato al fatto che era noto già agli antichi romani.
Grazie ai polifenoli contenuti, ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, neuroprotettive.
Oltre ad essere croccante e succosa la mela rosa romana ha una straordinaria capacità di preservarsi: può resistere oltre 6 mesi fuori dal frigo rimanendo perfetta.

A tal proposito, domenica 20 ottobre alle 15, l’associazione ha organizzato la “disfida delle mele”: 10 diverse proprietà di mele saranno stivate e conservate in una cantina, un ambiente naturale di conservazione.
A primavera saranno riaperte per verificarne lo stato, e tra i promotori c’è l’assoluta certezza che la mela rosa romana vincerà il confronto.

Un dei sostenitori più convinti della mela rosa romana è Antonio Contini Carboni, che sottolinea come da frutto a rischio di estinzione ora sta vivendo un momento di forte rilancio, che l’associazione si prefigge di sostenere.
«In tre anni ho contribuito a piantare oltre 4300 piante in giro per l’Appennino.
Si parla tanto di risparmio energetico, la mela rosa romana si conserva per mesi fuori dal frigo, per non parlare della bontà del succo.
L’anno scorso ho venduto 1400 succhi di mela da 3 litri, segno che il mercato c’è, bisogna valorizzarlo. D’altronde le nostre mamme dicevano, per riprenderci quando ci comportavamo male: accidenti a chi ti ha dato la mela cotta, come per biasimarsi di aver cresciuto in salute dei figli così poco riconoscenti».

I progetto

Il progetto non esclude pi di estendersi alla valorizzazione di grani antichi, castagne e altri prodotti agricoli dell’Appennino, senza trascurare l’aspetto turistico.
Gli alberi di mela rosa romana sono infatti spesso antichi e bellissimi.
Il tesoriere dell’associazione racconta come, spostandosi in Appennino per lavoro, si sia reso conto che la presenza di un albero era quasi sempre indice di ricchezza: vicino alle ville più belle c’era sempre un albero di queste mele.

Dopo aver promosso la mela anche durante l’ultima edizione della fiera “Sana” a Bologna i promotori terranno un convegno sabato 19 ottobre alle 17 a Castel di Casio.
Il titolo è “”La mela rosa romana e il tartufo nella nuova economia di montagna” sarà moderato dallo storico Renzo Zagnoni e parteciperanno Marco Degli Esposti, direttore generale dell’Università di Bologna, il professore emerito Silviero Sansavini. Interverranno anche il presidente del GAL Tiberio Rabboni, l’allevatore Mario Bondioli, l’ingegner Marco Moraro dell’Unione Micologica Romana e per l’Associazione Mela Rosa Romana Antonio Contini Carboni.

Fonte: Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese


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